L’articolo pubblicato su Donna Moderna del maestro e giornalista Alex Corlazzoli affronta il tema della refezione scolastica prendendo un indicatore significativo della qualità del cibo: gli avanzi. La perplessità che esprime giustamente il maestro, e che condividiamo noi genitori, si sintetizza in alcune domande: ‘perché anziché servire mele e pere in bacinelle di plastica non si preparano bicchierini di macedonia con del limone? Gli spinaci non possono diventare un tortino piuttosto che finire nel piatto senza alcuna creatività?’
La risposta è semplice: perché per produrre una macedonia o un tortino è necessario impiegare più ore del personale che incidono nel calderone dei costi e riduce i margini di profitto. Una realtà che accredita questa risposta l’ha individuata un’ASL di Mantova che ha provato ad imporre la macedonia di frutta a fine pasto per riciclare gli avanzi della frutta dei giorni prima, ma ha dovuto ripiegare sul solito frutto perché l’azienda di ristorazione collettiva, piuttosto che tagliare e sbucciare la frutta, serviva i preparati di macedonia in scatola.
La mensa scolastica, in molte realtà, è dominata da logiche di profitto che si traduce in strategie di contenimento dei costi: materie prime discount, pronte all’uso (surgelate o IV e V gamma) e pasti trasportati prodotti da centri cucina industriali che rappresentano la tomba del gusto dei piatti serviti in mensa.
Cibi cotti in prima mattinata, che ristagnano per ore prima di essere serviti e trasportati nelle scuole all’ora di pranzo, che qualità possono mantenere dal punto di vista organolettico? Questo ristagno per ore quanto incide nella perdita dei fattori protettivi degli alimenti come vitamine e antiossidanti?
La scelta di privilegiare nelle mense scolastiche alimenti pronti all’uso come le verdure IV o V gamma o surgelate quanto incide nella perdita di fattori nutrizionali importanti per la salute? L’ATS di Milano consiglia di preferire vegetali freschi a quelli che hanno subito lunghi viaggi e lunghi tempi di conservazione perché conservano l’apporto vitaminico originario. Eppure questa indicazione, spesso, non viene rispettata.
Il degrado delle mense scolastiche ha portato ad avere bambini che escono da scuola a pancia vuota che si fagocitano di merendine pomeridiane compromettendo la cena (altro danno di salute) e montagne di spreco alimentare.
Il maestro cita un avanzo del 12,5% che è il dato fornito da Oricon (l’Associazione delle aziende di ristorazione scolastica), ma è un valore molto conservativo a nostro avviso. Secondo un’altra fonte (Ecoscienza Numero 5, Anno 2014) lo spreco sale al 20% del pasto, di cui il 57% rappresentato dal contorno, le famigerate verdure.
Piccole soluzioni, non strutturali come quella auspicabile di riaprire le cucine nelle scuole, comunque ce ne sono. Per i contorni, per esempio, bisognerebbe prendere esempio da chi ha risolto questo problema, come Bolzano, che introduce gran parte delle verdure come antipasto. In questo modo i bambini le consumano in attesa che venga servito il primo piatto, e non quando sono già in parte sazi come contorno.
Esiste anche la questione delle porzioni da affrontare. E’ possibile che le porzioni previste per un bambino di prima elementare siano uguali a quelle di uno di quinta? Rivisitare le porzioni differenziate per età mettendo sempre a disposizione un bis per chi lo desidera, permetterebbe di non abbuffarsi con il primo e lasciare spazio anche per un po’ della seconda pietanza. Poi, fondamentale, c’è la questione del gusto. Stabilire dei parametri per registrare il gradimento e far sì che un piatto venga sostituito con una nuova proposta qualora sia scartato per più volte consecutive da oltre la metà bambini. Questo eviterebbe di avere sempre la stessa montagna di scarto per quel piatto che si sa già che i bambini rifiutano. A Milano, per esempio, è il caso delle polpette di pesce, tristemente famose per uno scarto altissimo certificato dalla commissioni mensa, eppure da 3 anni vengono ancora servite. Le polpette rappresentano l’emblema della strategia di contenimento dei costi con un processo di produzione meramente industriale che ha appiattito la qualità di molti piatti.
Fintanto che il driver del servizio di refezione scolastica è il ‘profitto’ si tenderà a privilegiare il cibo scarta, cuoci, trasporta e servi. Con il progressivo degrado della qualità del pasto si è arrivati a montagne di avanzi di cibo ed effetti indiretti sulla salute dei bambini, ma si rischia anche ad incidere nell’accrescere la schiera delle famiglie che preferiscono il pasto da casa alla mensa. Aspetto, questo, che inciderà anche sui guadagni della ristorazione collettiva che perderà progressivamente ‘clienti’ e vedrà le loro commesse ridimensionarsi.
E’ interesse di tutti, quindi, ristabilire principi di qualità della mensa ad un costo equo ripensando questo servizio, anche con nuovi modelli, a vantaggio di tutti, ma soprattutto a favore del gusto dei piatti e della salute dei bambini che deve tornare ad essere una priorità.