È stata raggiunta tra le tre famiglie milanesi, favorevoli al consumo del pasto da casa, e le rispettive dirigenze scolastiche, l’intesa per la corretta disciplina del consumo degli stessi nei refettori scolastici.
Su queste premesse i ricorsi giurisdizionali proposti al Tribunale di Milano si avviano ad una definitiva conciliazione che dovrebbe formalizzarsi alla prossima udienza del 18 gennaio 2017.
L’accordo ha visto l’avvocato torinese Giorgio Vecchione, difensore del pasto da casa, interfacciarsi direttamente con l’Avvocatura dello Stato, superando i confini comunali attraverso una trattativa gestita direttamente con il Miur. Da questa trattativa è rimasta terza l’Amministrazione comunale la quale, per sua stessa ammissione in giudizio, non ha alcun potere di incidere sull’autonomia dei dirigenti scolastici, i soli a poter disciplinare ciò che avviene all’interno delle scuole.
L’essenza della conciliazione si riassume in un documento nel quale i genitori e presidi definiscono e sottoscrivono le reciproche responsabilità.
Le famiglie si assumono la responsabilità della qualità del pasto da casa dal punto di vista nutrizionale, igienico-sanitario, ma anche della sua corretta conservazione.
I tema più dibattuto relativo a dove posizionare i bambini con il pasto in refettorio viene risolto con due opzioni: seduto ‘accanto al docente, in modo tale da essere sotto il diretto ed immediato controllo del medesimo, onde evitare qualsiasi forma di scambio di alimenti con i compagni’, oppure, in ‘un tavolo separato e diverso all’interno dello stesso refettorio seppur vicino a quello utilizzato dai compagni di classe’.
Per evitare possibili commistioni tra pasto domestico e pasto servito in mensa ai genitori viene chiesto di assumersi responsabilità educative impegnandosi a fornire al figlio le opportune indicazioni sul corretto consumo dello stesso e sul rispetto di quello degli altri compagni, e di garantire ‘la piena collaborazione con l’Istituzione scolastica per la gestione ordinaria del momento del pasto’. A carico delle famiglie è anche la fornitura della dotazione necessaria per il consumo del pasto: tovagliette, posate non taglienti, acqua in bottiglia, mentre vietati sono contenitori di latta o in vetro.
Ai bambini con il pasto da casa viene consentito di riempire le proprie bottigliette con l’acqua potabile presente a scuola, e di poter utilizzare i bidoni dell’immondizia presenti in refettorio.
I presidi, da parte loro s’impegnano a garantire la vigilanza affinché non vi siano compromissioni e/o rischi rispetto al servizio fornito da Milano Ristorazione e a gestire la pulizia dell’area utilizzata dai bambini con il pasto da casa nel refettorio attraverso il personale ATA.
Si tratta di un accordo che le parti convengono potrebbe subire modifiche o revoche qualora entrino in vigore nuove leggi che andranno a disciplinare questo specifico ambito. In particolare si fa riferimento alle disposizioni che pronuncerà la Corte di Cassazione in merito al riconoscimento del diritto alla fruizione del pasto da casa, nonché delle linee guida del Miur sullo stesso tema.
Secondo l’Avvocato Vecchione questa conciliazione assume un significato non troppo diverso rispetto alle precedenti sentenze ed ordinanze: “la sola differenza sostanziale risiede nella scelta condivisa tra le parti (genitori e MIUR) sulle modalità di esercizio del diritto al consumo di un pasto domestico, fatto che ha consentito di attenuare il clima di “scontro” nelle aule di giustizia. La via della conciliazione è stata favorevolmente accolta e coltivata in relazione al fatto che oramai, anche da parte del MIUR, v’è la consapevolezza dell’esistenza del diritto di scelta e della semplicità nell’organizzazione di un uso promiscuo dei refettori scolastici. Con minimi accorgimenti e con una mera diversificazione dell’attività di assistenza e vigilanza da parte del corpo docente, i tanto declamati pericoli sanitari possono essere scongiurati. Finalmente i dirigenti si sono riappropriati dei loro poteri dirigenziali smarcandosi dalle ingerenze esterne che avevano alimentato un immotivato clima di scontro tra scuola e famiglie”.