A Ristorazione bellezza interviene Giaime Berti, Ricercatore della Scuola Sant’Anna di Pisa, membro del Comitato di Gestione della Rete delle Politiche Locali del Cibo, curatore del Dialogo Indipendente del Food System Summit per il Ministero degli Affari Esteri e coordinatore del Tavolo del cibo della Toscana. Il tema del suo intervento riguarda il ruolo della mensa all’interno delle food policy.
Quando parliamo di cibo non stiamo parlando solo di produzione agricola, ma stiamo parlando anche di questioni sociali legate alla povertà alimentare, al diritto al cibo, stiamo parlando di questioni ambientali. L’agricoltura contribuisce per il 30% delle emissioni di gas serra. Si producono 6000 specie diverse a fini alimentari, ma 200 sono la maggior parte, e solo 9 rappresentano il 66% della produzione.
L’agricoltura è la prima fonte di distruzione dell’agro-biodiversità. Affrontare la questione del cibo significa mettere insieme tutte queste politiche, creare un coordinamento tra delle politiche che spesso sono in contraddizione. A livello comunale ci sono numerosi problemi legati a questo fattore: il dissesto idrogeologico, così come la cementificazione. Lo stop al consumo di suolo è una questione urbanistica che rientra nella politica di un Comune, e quindi di una politica del cibo. Migliorare le mense è una politica del cibo.
Ci sono anche grandi contraddizioni come, per esempio, quando si parla di agroecologia e si guarda alla Commissione Europea si vede che in questi mesi ha finanziato un progetto europeo con 2 milioni di euro destinati alla ditta più grande al mondo di mangimi. Il nostro sistema alimentare è dominato dai poteri economici.
Ripoliticizzare il cibo significa riporre la questione del cibo come bene collettivo. Il cibo non è una merce. Il cibo è un diritto e un bene collettivo. I servizi ecosistemici derivano dal cibo.
Quindi c’è bisogno di una maggiore politica, perché la politica deve indirizzare la società.
È fondamentale ripoliticizzare. Quando ci si pone il problema dell’educazione alimentare bisogna rimettere al centro la scuola, ma questa è una questione di cui non si parla. Si parla della produzione agricola delle grandi aziende agricole, ma il 75% delle aziende agricole italiane è sotto i 5 ettari, il 50% è sotto i due ettari. Se si vuole fare ‘approvvigionamento alimentare verde’ traducendo il Green public procurement, queste aziende agricole come fanno? La soluzione non è creare cooperative per fare massa critica e andare nella GDO, ma trovare reti alternative, modelli alternativi.
Una notizia che ci deve fare riflettere è che Amazon ha aperto Amazon Fresh a Milano, Roma, Torino, Bologna. Ciò significa che ci sarà un controllo totale da parte di queste piattaforme sulle filiere. Diventa importante, quindi, costruire dei modelli di filiera digitale corta attraverso cui approvvigionare le mense scolastiche, approvvigionare la ristorazione collettiva, approvvigionare le mense private, questo significa dare il mercato al 75% delle aziende agricole che sono strozzate dal mercato.
Dal 2019 c’è una direttiva su comportamenti scorretti nella filiera agroalimentare per evitare le aste al doppio ribasso portate avanti dai grandi player.
Detto tutto questo, allora cosa significa avere un tavolo del cibo? Data tutta questa complessità e la necessità di fare politiche integrate, c’è la necessità di mettersi tutti insieme. C’è la necessità di una ‘piattaforma di conoscenza’ per capire, per esempio, che il comune di Livorno ha fatto una certa iniziativa la cui conoscenza potrebbe venire utile ad un altro Comune. Questo vuol dire creare un sistema di conoscenza del sistema alimentare e quindi sviluppare una ‘piattaforma di conoscenza’.
C’è la necessità di sviluppare una ‘piattaforma di relazione’, come ha fatto, per esempio, il Comune di Capannori con il comune di Lucca e altri 5 Comuni che insieme hanno creato una gestione associata che rappresenta una forma di cooperazione.
C’è poi la necessità di creare una ‘piattaforma di governance’, un tema che manca a livello nazionale perché non ci sono politiche del cibo. Mentre Olivier de Schutter, ex rapporteur delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, con la sua think tank europea, ha promesso lo sviluppo di una politica comune del cibo in Europa, in Italia, a livello nazionale, non c’è, ci sono solo esempi di esperienze locali.
In tutto questo il ruolo della regione è fondamentale: la regione ha competenza esclusiva in termini di agricoltura e salute. Quindi il tavolo del cibo della Toscana vuole mettere insieme tutti gli attori coinvolti nella produzione alimentare, dalla produzione, alla trasformazione, ai genitori, tutti insieme per affrontare il tema in maniera integrata, orizzontale e poi verticale, della filiera. Il tavolo del cibo della regione Toscana nasce per questo, per rimettere insieme tutti gli attori e per essere una piattaforma di governance, cioè un luogo dove si può interagire con la Regione affinché si possa sviluppare proprio una politica che integri tutti i vari settori.