Ristorazione bellezza, Claudia Paltrinieri

All’evento Ristorazione bellezza interviene Claudia Paltrinieri Presidente dell’Associazione Foodinsider, che risponde alla domanda sullo stato delle mense scolastiche all’interno della Regione Toscana su cui ha fatto un’indagine per individuare i modelli virtuosi ei  modelli di ristorazione scolastica più diffusi nel territorio toscano. 

 

‘Prima di rispondere volevo ringrazio la Fondazione  MPS che ci ha messo a disposizione questo spazio bellissimo che si collega perfettamente con il concetto di bellezza di cui vogliamo parlare oggi. Una mattinata in cui abbiamo sentito fare tanti interventi interessanti con parole chiave come: ‘biodiversità’ ‘complessità’, ‘connessione’, ‘dialogo’. Ma oltre alla forza di queste parole quello che colpisce, e mi emoziona, è che oggi siamo qui a parlare e di una realtà straordinaria, virtuosa, che sette anni fa era una pecora nera, era in fondo la nostra classifica. Mi chiamavano spesso i genitori di Sesto Fiorentino per lamentarsi per tutto il cibo processato che mangiavano i loro figli. Nell’arco di qualche anno da una delle realtà peggiori di mense scolastiche italiane che basava l’alimentazione a scuola intorno su cibo processato, si è trasformata in un’eccellenza, tanto che vengono dall’estero a studiare questo caso. E questo evidenzia come  veramente ‘si può fare!’ Il cambiamento è possibile.

Il valore della nostra indagine, che facciamo da diversi anni a titolo gratuito è volontario ed è basata su dati oggettivi dei menu, è quello di tenere traccia delle evoluzioni della mensa scolastica e mettere in mostra le criticità delle diete,  ma tende anche ad esaltare le realtà virtuose. Noi siamo convinti che il valore sia quello di mettere a conoscenza e di diffondere la bellezza della ristorazione che diventa un modello a cui tendere per altri Comuni. 

Rispetto alla toscana abbiamo fatto un’indagine sulla qualità dei menù scolastici e abbiamo visto che ci sono più o meno 3 modelli. C’è una buona percentuale, circa un 30%, di realtà virtuose che vuol dire che c’è una buona biodiversità e un equilibrio della dieta che rispetta e raccomandazioni dell’OMS e c’è anche una corrispondenza ai Criteri Ambientali Minimi che disciplinano la mensa scolastica. Poi c’è un 47% di mense che hanno un livello medio e hanno margine di miglioramento rispetto alla varietà del cibo la sostenibilità degli alimenti proposti. Infine  c’è un 23% di mense che hanno un livello qualitativo un po’ più basso, anche se risultano sempre sufficienti, però hanno una dieta più ricca di prodotti processati e molto monotona. 

Questa monotonia della dieta è uno dei limiti che riscontriamo spesso. In questi ultimi due anni si è tornati a basare il pasto intorno alla monotonia di pasta e riso, sempre pasta e riso.

Viene proposta tanta pasta in bianco sulla quale bisogna fare una riflessione perché mette d’accordo tutti è un ‘comfort food’ che rassicura rassicura i bambini perché a casa, quando stanno male, la mamma gli propone la pasta in bianco, quindi è un momento di attenzione, è una coccola; assicura i genitori perché sono sicuri che i bambini mangiano e quando escono sono sazi, non hanno un problema di riempire la pancia dei figli con grandi merende; rassicura anche le cucine perché è un piatto che impiega poco tempo per essere preparato, costa poco e c’è garanzia di consumo da parte dei bambini. Quindi la pasta in bianco mette d’accordo tutti.  

La richiesta della pasta in bianco è fisiologica in una certa età dei figli, è normale che i bambini la chiedano, perché risponde a un momento della vita, della loro crescita, in cui sono esposti alla socializzazione, alla relazione o un mondo nuovo. E questa paura di esporsi al nuovo si esprime proprio attraverso il cibo. E’ come avere un bambino che non vuole uscire perché ha paura del mondo esterno. Ma di fronte a questa ansia che è normale che ci sia a questa età, noi dobbiamo scegliere se chiuderlo in casa e proteggerlo, oppure accompagnarlo, rassicurarlo incuriosirlo e aiutarlo a sperimentare cose nuove. Il che rispetto al cibo si traduce nel dargli la possibilità di assaggiare gusti nuovi, consistenze e colori diversi, e gusti inusuali. In quella fascia di età, in quel momento della loro crescita, si forma il gusto e se noi cogliamo l’opportunità di quella fase di crescita per esporlo, accompagnarlo e sostenerlo nel consumo di cibi diversi noi gli facciamo un gran bene perché le diete monotone sono molto povere di nutrienti e rischiano di rendere i bambini più fragili e con meno difese di fronte a virus a micro-batteri, malattie anche da adulto, perché sarà più propenso a sviluppare quelle patologie a cui siamo geneticamente predisposti, come tumori, malattie cardiovascolari, diabete ecc. I bambini hanno bisogno di arricchire la loro alimentazione con un ventaglio di cibi vari di cui  il corpo e la mente hanno bisogno per assimilare una grande varietà di nutrienti.

La continua proposta di pasta in bianco può indurre ad una patologia sempre più diffusa che è la neofobia alimentari, cioè la paura per i cibi che non sono familiari che il bambino tende a rifiutare e a privilegiare la richiesta di sempre lo stesso cibo. La richiesta della pasta in bianco può diventare un sintomo di queste fobie. Quello che bisognerebbe fare è  tornare a dare un ruolo educativo alla mensa scolastica riconoscendo un ruolo molto importante agli insegnanti nell’accompagnare i bambini all’assaggio di gusti nuovi. 

A Sesto Fiorentino, per esempio, in occasione del Green Food week hanno proposto la pasta di Dracula che è un modo simpatico per utilizzare il linguaggio dei bambini e non dire invece ‘la pasta alla barbabietola biologica locale’ ma semplicemente la ‘pasta di Dracula’ che utilizzata il linguaggio dei bambini per incuriosirli, attrarli, ridurre quella diffidenza naturale verso il nuovo.

In questa mensa c’è stato un lavoro preparatorio: sono state predisposte delle locandine che spiegavano le ragioni dell’evento e annunciavano il nuovo piatto. E’ stato fatto un video dei cuochi che mostrava come si preparava la ricetta creando così  l’attesa da parte dei bambini che sapevano già che quel giorno, il 10 marzo, avrebbero avuto in mensa la ‘pasta di Dracula’. 

L’importante è stato anche il ruolo dei genitori e degli insegnanti, informati tramite la locandina, che ha permesso di preparare i bambini all’evento e che hanno reso più facile l’accompagnamento al consumo.

C’era un bambino che di fronte a questo piatto rosso che piangeva erché aveva fame ma non aveva il coraggio di assaggiarla, Antonio Ciappi che era in quella scuola per verificare il grado di accettazione del piatto lo ha avvicinato lo ha confortato dicendogli  che assomigliava al gusto del pesto e che non doveva fare attenzione al colore, ma solo al gusto. In questo modo il bambino si è sentito rassicurato, lo sa assaggiato e ha capito che era buono, a tal punto da non lasciare neanche una pasta nel piatto.  In questo modo I bambini sono tornati protagonisti del momento della mensa, sono stati esposti alla vita e hanno sperimentato emozioni e gusti nuovi.

Questo deve fare la mensa: deve riprendere la connessione con la natura, con il territorio, con la cadenza delle stagioni perché anche l’attesa di assaggiare un prodotto della terra che cresce in una certa stagione è un aspetto importante, molto di più che non avere le zucchine tutto l’anno. Anche questo tempo dell’attesa è un aspetto che si può recuperare attraverso le mense scolastiche. 

Noi dobbiamo trovare il modo di riconnettere la mensa scolastica alla bellezza del territorio, alla produzione del territorio e alla cadenza delle stagioni, questa per noi è la ristorazione bellezza. Quella che utilizza delle strategie per migliorare il consumo del pasto, come quella del linguaggio: presentare il piatto di Dracula piuttosto che la zuppa di Shrek per proporre una vellutata di piselli, oppure come fanno a Cremona dove organizzano la ‘festa delle verdure’, un’occasione nella quale i cuochi esprimono al meglio le loro competenze culinarie per proporre verdure con consistenze, forme e colori diverse dal solito, ma soprattutto per i bambini questa occasione è una festa, una giornata di emozioni. Anche questo è un valore che si può portare avanti attraverso la mensa.

L’aspetto fondamentale su cui stiamo lavorando, insieme alla fondazione Monte dei Paschi di Siena e Anci Toscana, è che quello di mettere in relazione tutti gli attori che ruotano intorno alla mensa scolastica: i cuochi, i genitori, gli insegnanti, i funzionari, le dietiste, e  creare un di un dialogo fra tutte le parti coinvolte che parlano linguaggi diversi. L’importante è metterli in connessione condividendo gli stessi valori su cui si può costruire una mensa che è a vantaggio di tutti, a vantaggio della salute dei bambini, a vantaggio della sostenibilità dell’ambiente, della sostenibilità economica dei produttori.Se guardiamo al caso di Leonardo Toti, il fornitore di Qualità & Servizi che ho avuto occasione di intervistare per un caso studio fatto insieme a Slow Beans, lui ha ammesso di aver triplicato il suo business: ha dovuto estendere la coltivazione dei campi perché non erano più sufficienti a rispondere alle richieste della committenza, ha convertito la produzione agricola in coltivazione di prodotti biologici, ha sviluppato nuove colture sostenibili come i grani antichi e miglio. Tutto questo va anche a vantaggio della politica perché dalle nostre analisi quello che emerge è che quando ci sono delle elezioni amministrative  in quei Comuni dove la mensa funziona molto bene vediamo spesso che la giunta viene riconfermata. Ormai è un dato: la mensa scolastica che funziona bene crea consenso politico.

Quali sono i prossimi appuntamenti di Foodinsider? A breve pubblicheremo la nostra indagine dei menu scolastici che presenteremo a Roma e poi, in prospettiva, vorremmo estendere questo format Ristorazione bellezza anche in altre regioni. Vorremmo che Ristorazione bellezza diventasse un luogo di confronto e di discussione per parlare di modelli virtuosi di mense scolastiche coinvolgendo tutti gli attori del territorio di riferimento: istituzioni, mondo accademico e società civile.