Dei 380 milioni di pasti all’anno relativi alle mense scolastiche 112 milioni circa viene scartato. Gli studi attestano uno scarto medio del 29,5% di cibo buttato ogni giorno nei refettori delle scuole. Un dato che suona come un paradosso di fronte alle contraddizioni che si vivono a scuola e in mensa: grammature dei piatti uniformi dalla prima alla quinta elementare, merendine ipercaloriche a metà mattina, un tasso di obesità infantile preoccupante, famiglie indigenti che non riescono a pagare il servizio mensa, bambini per i quali il pasto della mensa è l’unico della giornata e cibo ancora edibile che viene buttato.
Ridurre gli sprechi mitigando tutte queste contraddizioni è possibile. E’ necessario, però, che tutti si mettano in gioco: le Aziende Sanitarie, le Amministrazioni, gli insegnanti, i fornitori del servizio, le famiglie e le associazioni di volontariato del territorio. La volontà è la condizione base per avviare un processo di cambiamento che si deve alimentare di conoscenza a tutti i livelli: regolamentazione, protocolli, norme igieniche, a cui bisogna aggiungere un po’ di flessibilità e buon senso. Con questi ingredienti si può fare tutto. Ad essi si aggiungono l’organizzazione e la tecnologia due facilitatori di processo utilissimi a rendere il tutto più fluido e operativo. Lo possiamo affermare perché attraverso la nostra indagine del rating abbiamo rilevato alcune buone pratiche che hanno raccolto le indicazioni del Decalogo contro lo spreco alimentare in mensa del Ministero della Salute e il manuale per corrette prassi operative per le organizzazioni caritatevoli, pubblicato da Caritas Italiana e Fondazione Banco Alimentare onlus, ne hanno dato una trasposizione operativa in mensa.
L’idea di evitare, ridurre o rimettere in circolo il cibo diventa realtà quando è diffusa una cultura orientata ai principi della sostenibilità e della solidarietà, che è una leva che incoraggia tutti gli attori della ristorazione dentro e fuori la scuola ad adottare comportamenti virtuosi.
Gli esempi più interessanti che abbiamo analizzato, e di cui parliamo nel quarto capitolo del nostro libro che sarà pubblicato tra un mese, sono quelli avviati attraverso il monitoraggio e la misurazione degli scarti che è uno step necessario per prendere consapevolezza del problema. C’è chi lo fa con un monitoraggio a vista, chi usa bilance tecnologiche, chi utilizza il supporto di app, strumenti diversi ma il cui obiettivo comune è quello di registrare l’entità dello spreco da mettere a confronto con gli aspetti che concorrono nella preparazione dei piatti: materie prime, ricette, trasporto, ecc.. Le azioni partono generalmente dall’input dei Comuni, ma spesso è all’interno della scuola che insegnanti sensibili al tema della sostenibilità arrivano attraverso le proprie classi a sollecitare le istituzioni e ad avviare cambiamenti per adottare buone pratiche di economia circolare.
Garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale del pasto a scuola è l’obiettivo primario, ma non si può perdere di vista la prevenzione e la gestione degli scarti come azione solidale e sostenibile. Riuscire a fare entrare nel nostro naturale modo di pensare l’idea di una mensa su misura senza sprechi e con cibo che si trasforma in risorsa per altri è il modo più spontaneo di manifestare una cultura sostenibile radicata nel profondo della propria identità. Così lo abbiamo trovato nelle realtà che hanno trovato soluzioni anti-spreco di cui parleremo il 25 ottobre a Macerata in un workshop pomeridianoche sarà una panoramica di cosa da fare o non fare per evitare di buttare cibo in mensa o di trasformarlo in valore in una logica di economia circolare.