Da una parte c’è il tempo scuola da difendere, secondo le disposizioni del Decreto Ministeriale del 31/12/1983 che ha equiparato il ‘tempo mensa’ al ‘tempo scuola’, dall’altra c’è l’illegittimità del ‘provvedimento impositivo dell’onere contributivo [costo servizio mensa] in caso di ‘dichiarazione di non voler mai usufruire della mensa‘ come sancito dalla Corte di Cassazione e infine c’è la mozione 5Stelle per lasciare libertà sulla scelta ‘pasto da casa’ o ‘mensa scolastica’. Il pasto a scuola è un affare che si complica.
La realtà è che molte famiglie hanno difficoltà a sostenere i costi del servizio di refezione scolastica e le politiche sociali dei comuni non riescono a coprire tutte le emergenti povertà del nostro Paese. Ma c’è anche il progressivo degrado della refezione scolastica che fa pensare di preferire il pasto da casa piuttosto che il piatto della mensa, troppo spesso rifiutato per la qualità scadente. I Comuni sono troppo concentrati sui bilanci e sulla razionalizzazione dei costi, anche quello della refezione scolastica, e ne affidano la gestione agli operatori del settore che, con l’accentramento della produzione e il pasto trasportato, ne fanno un business. Spesso peggiora la qualità della refezione scolastica, a volte aumenta il costo e le famiglie si rifugiano nel panino.
Il pasto da casa, che fino ad oggi era brandito solo come minaccia per chiedere di migliorare la mensa, diventerà la prospettiva di un futuro non tanto lontano? Il rischio non sarà quello di portare nuove discriminazioni sociali all’interno della scuola?
In questa fase critica, di passaggio a nuovi equilibri, l’Università di Perugia sta studiando nuovi modelli di mense scolastiche considerando i diversi vincoli, i soggetti coinvolti e le diverse opzioni ammesse dall’ordinamento (italiano, anche alla luce della disciplina dell’UE).
Interessante il modello dove la Commissione mensa ha un ruolo attivo nel processo di gestione della mensa scolastica, così come avveniva fino allo scorso anno scolastico a Perugia e come avviene ancora in qualche scuola di Macerata.
In questo scenario la Commissione mensa partecipa nella formazione del capitolato e, più in generale, nel controllo della qualità della refezione scolastica, così come puo’ svolgere funzione di controllo sulle singole mense del territorio. Si tratta di un modello che i genitori di Bologna conoscono bene perché lo studio ha attinto anche dalla loro recente esperienza e dai loro risultati.
Sembrerebbe che con la partecipazione dei genitori aumenti la garanzia di qualità della mensa e il consenso su un servizio condiviso nella gestione di alcune mansioni. Si tratta di un modello possibile che dipende, però, dalla volontà politica ed amministrativa dell’Ente locale, sul quale ricade l’onere di predisporre adeguati strumenti regolamentari che permettano una fattiva collaborazione.
E’ possibile approfondire l’argomento e valutare le ipotesi studiate dal gruppo di lavoro dell’Università di Perugia consultando la pagina disponibile a questo link con accesso ai vari documenti elaborati.