900 kg di derrate alimentari sequestrate, 21 imprese di catering sospese, 25 violazioni penali e 247 amministrative. Sono in numeri dei NAS relativi alle 969 aziende di ristorazione collettiva oggetto di ispezione nel contesto di asili nido, scuole materne, elementari, medie fino agli istituti superiori sia pubblici che privati. Numeri e percentuali a cui purtroppo siamo abituati e che si risolvono per lo più in sanzioni pecuniarie per le aziende che mettono già a bilancio sotto la voce ‘risk management‘ l’importo a copertura di una prassi che sembrerebbe consolidata: si vincono le gare d’appalto al massimo ribasso con dei valori che non permettono di garantire la qualità definita del capitolato e poi, in assenza di controlli costanti ed efficienti, si fornisce altro. Cosa fare per evitare che la salute dei bambini sia compromessa da una pratica illecita costante?
Come rilevano gli accertamenti dei NAS le irregolarità più frequenti riguardano l’impiego di alimenti di qualità inferiore rispetto a quelli definiti nel contratto tra Comune e fornitore: prodotti DOP/IGP o biologici sostituiti con alimenti convenzionale, ma anche pesce macinato e ricomposto non tracciabile, carne o ortaggi surgelati/congelati al posto di quelli freschi previsti da capitolato, cibi scaduti. Si chiama ‘frode in pubblica fornitura‘ un illecito profitto che lucra sulla differenza di costo degli alimenti utilizzati per la preparazione dei pasti. Su questo, che sembra un ‘vizietto’ ormai consolidato, non si può fare niente? Ci stiamo abituando ad un comportamento illecito a danno della salute dei nostri figli?
Ce lo chiediamo perché ogni anno il NAS ci restituisce gli stessi numeri e nulla cambia nelle regole affinché questa prassi venga evitata. Per farlo bisogna rivedere i capitolati e prendere a modello quei contratti, come quello di Roma, che ha funzionato finché Silvana Sari, direttore alle politiche educative della capitale, è rimasta a capo anche del servizio di ristorazione scolastica. Un punto di riferimento, quello di Roma, attivo fino al 2005, perché è stato capace di evitare queste ‘prassi’ con un sistema di controllo e un impianto sanzionatorio che arrivava a far saltare il fornitore in caso di inadempienze gravi e ripetute.
Se lo ha fatto Roma all’epoca della Sari, che è stato portato come modello in tutto il mondo, allora perché non lo si può ripristinare e portare in tutti i Comuni? I ‘capitolati con i fiocchi’ ricchi di alimenti di altissima qualità non hanno nessun significato senza un sistema di controllo efficiente. Occorre mettere allo stesso livello d’importanza l’investimento nelle qualità degli alimenti e nel sistema di controllo, con regole chiare e incontestabili, più sanzioni e non solo pecuniarie, come il modello Roma di Silvana Sari.
Il rischio oggi è quello di appiattirsi a leggere la lunga lista di Comuni dove i Nas hanno rilevato le maggiori irregolarità: Aosta, Pescara, Potenza, Caserta, … e abituarsi alle irregolarità e ad un modus operandi delle aziende di ristorazione scolastica, limitandoci a sperare di non essere in quella lista di città. La responsabilità è anche di noi genitori che dobbiamo tornare a scandalizzarci e attivarci per contrastare questo declino etico che non tocca solo le nostre tasche, ma, soprattutto, la salute dei nostri figli.