La realtà delle mense scolastiche è variegata e nel mettere a confronto i vari menu non sempre si trova un file rouge comune a tutti. Se si guarda al biologico spiccano Firenze, Bologna e Pisa, con tassi di prodotti bio che vanno dall’85% al 100%. Fanalino di coda è Milano, che ha un misero 10% circa di prodotti biologici serviti in mensa nell’arco del mese (inverno), ridotti ulteriormente nel recente menu estivo.
Spostando lo sguardo sulla varietà ed equilibrio dei cibi in mensa si va dalle patate fritte di Palermo al pesce fritto di Firenze, ad alcuni menu, a volte, senza contorno di verdura di Napoli, alla settimana con 3 salumi di Venezia, al ‘concentrato di patate’ di Bari con pizza con patate, scaloppine di pollo e patate al forno. C’è anche chi eccelle con menu che si distinguono per varietà, gusto e propone verdure crude come antipasto e verdure cotte di contorno, come Trento e Bolzano, o le doppie verdure di contorno a Treviso, o Bologna che punta alla varietà degli alimenti a partire dai cereali, ben 8 tipologie diverse di primi a base di pasta, riso, polenta, orzo, kamut, miglio, quinoa o farro. Anche Macerata non scherza, con 5 varietà di pesce: tonno, merluzzo, seppia, coda rospo, sgombro. Macerata, nello specifico della scuola Medi Agazzi, è una realtà che ancor più si distingue perché in questo contesto sono i genitori del comitato mensa che fanno la spesa: acquistano gli alimenti direttamente dai produttori locali e raccolgono le quote pasto dai genitori con le quali pagano i produttori. Si tratta di una gestione possibile grazie ad una Convenzione, che il Comune, purtroppo, non rinnoverà più il prossimo anno, ma grazie alla quale i genitori della scuola risparmiano circa 50 centesimi a pasto che vengono reinvestiti nell’acquisto di attrezzature per la scuola. Era così anche a Perugia fino all’anno scorso.
L’unico aspetto comune a tutti i menu è un’abbondanza di carne, soprattutto rossa, in proporzioni che non sono in accordo, il più delle volte, con le Linee Guida della ristorazione scolastica nazionale, ma soprattutto con le Raccomandazioni dell’OMS.
La classifica delle mense scolastiche premia l’equilibrio dei menu, la varietà dei cibi, la qualità delle materie prime, ma anche l’ordine di proposta dei piatti: la frutta, per esempio, meglio se a metà mattina e la verdura prima del pasto, o meglio ancora, come fanno nel nord est d’Italia, cruda di antipasto e cotta di contorno.
L’unico Comune oggetto d’indagine che si è rifiutato di rispondere al confronto dei dati che i genitori hanno chiesto a tutti i fornitori del servizio di integrare o correggere prima di consolidare la classifica, è Milano, dichiarando che ‘Le risposte fornite [al questionario] non corrispondono a realtà, fornendo un quadro distorto del servizio offerto…’. Quindi l’invito ‘a non pubblicare i dati del preteso sondaggio chiaramente privo di scientificità e rappresentatività statistica.’ Ecco perché Milano non compare nel rating, ma i dati oggettivi estrapolati dalla tabella del menu pubblica sul sito del fornitore compaiono comunque, insieme anche alle ricetta delle polpette di carne e crocchette di pesce che, messe a confronto con altre ricette dello stesso piatto di altri comuni, si distinguono nettamente per le proporzioni degli ingredienti.
Quello che emerge, in sintesi, da questo confronto è che, là dove il Comune ha ancora mantenuto una governance sul servizio, con una maggiore presenza di cucine nelle scuole o con una contribuzione alta ai costi del servizio, i menu risultano nettamente migliori, come nel caso di Trento con 27 cucine, o Terni con 29 cucine; ma anche dove ci sono genitori che partecipano alla definizione del capitolato e hanno un ruolo determinante nel processo di controllo della mensa scolastica i menu risultano avere un più alta percentuale di biologico, alimenti più vari e di qualità, e nel complesso, un buon equilibrio, come a Pisa e a Bologna dove i genitori sono a pieno titolo ‘attori’ del servizio di refezione scolastica.