A Savona aumentano le tariffe della mensa e diminuiscono gli iscritti alla refezione scolastica, riducendo,di conseguenza, gli introiti che il Comune si aspettava di incassare dal servizio mensa. A Torino, aumentano di altre 2000 unità gli utenti che optano per il pasto da casa in alternativa alla mensa. Uno su 4 preferisce la ‘soluzione casalinga’ alla mensa scolastica. A Genova la disaffezione per la mensa a inizio anno scolastico contava un centinaio di disiscrizioni al servizio, arrivate, ad oggi, a 357. A Benevento dopo un anno di stop del servizio mensa a causa di una fuga di massa dal servizio, si è ripartiti con nuovo fornitore ed un regolamento che impone l’adesione alla refezione scolastica. Gli iscritti al servizio salgono a 1.200 ma i genitori si lasciano aperta una via di fuga vincendo il ricorso al Tar contro l’obbligatorietà del servizio imposto dal Comune. Il Sindaco Mastella comunica che ricorrerà in appello e i genitori organizzano una colletta per poter sostenere le spese legali.
Crescono anche le iniziative di mensa autogestita da parte dei genitori che scappano dagli aumenti delle tariffe o declino della qualità. E’ il caso di Quintino, in provincia di Cremona, dove i genitori scelgono l’autogestione dopo aver chiesto all’Amministrazione la riduzione delle tariffe e una produzione non industriale del cibo e di maggiore qualità per poi ritrovarsi aumenti da 150 a 170 euro al mese. A Civitanova Marche i genitori non sono riusciti a convincere l’Amministrazione a migliorare la qualità della mensa, pertanto, una parte di loro, ha optato per la mensa ‘fai da te’ coniugando qualità ed educazione alimentare.
Diminuiscono le cucine delle mense scolastiche a favore dei centri cucina industriale e del pasto trasportato. Ultimo caso a Como dove l’esternalizzazione del servizio porta alla chiusura di quattro cucine e all’accentramento della produzione dei pasti che verranno veicolati. Inevitabile il destino dei 48 dipendenti interinali, destinati a cercarsi un nuovo lavoro per il prossimo anno scolastico.
Diminuiscono gli addetti alla mensa scolastica, non per il pasto da casa, ma per il processo di industrializzazione dei pasti che ha determinato la perdita di forza lavoro pari a 15.000 unità, come sostiene Maurizio Mariani, uno dei massimi esperti di food policy a livello internazionale che ha registrato i dati relativi all’evoluzione della ristorazione collettiva negli ultimi 15 anni in Italia. Un processo che avrebbe dovuto portare efficienza e quindi ad una riduzione dei costi del servizio, invece ha fatto registrare un progressivo aumento delle tariffe insieme ad un declino della qualità del pasto trasportato e un drammatico aumento degli scarti di cibo in mensa.
Aumenta quindi la disaffezione delle famiglie verso un servizio così importante e si assiste ad una paralisi delle Amministrazioni incapaci di uscire da questa impasse .
Una realtà anacronistica si trova nel Chianti, dove l’Unione Comunale ha deciso di aprire dei punti di cottura all’interno delle scuole con l’obiettivo di migliorare la qualità dei pasti per i celiaci. L’occasione per farlo è venuta grazie ad un bando emanato dalla Azienda Usl Toscana che ha permesso di avviare il potenziamento delle cucine senza ricadute negative sui bilanci comunali. Si tratta quindi di un’investimento finanziato da un bando pubblico, per aprire nuovi punti di cottura all’interno delle scuole, con l’obiettivo di aumentare la qualità dei pasti destinati a bambini celiaci.
Resiste Roma con i suoi pasti prodotti prevalentemente all’interno delle cucine nelle scuola, tariffe accessibili all’utenza, pochi scarti e niente pasto da casa. Una coincidenza?