In merito all’indagine mense effettuata da Oricon, in qualità di movimento rete comitati mensa e di genitori che regolarmente effettuano ispezioni nelle mense, integriamo la ricerca con dati e interrogativi utili.
Anzitutto, al fine di individuare le cause degli sprechi, andrebbero confrontate le quantità prodotte nei comuni in cui sia prevista la frutta a merenda (ad es. Pisa) rispetto a quelle prodotte laddove, al contrario, domini la “merendina”.
Circa l’affermazione ‘pesce sì, ma solo sotto forma di polpette, bastoncini o alla mugnaia …‘, poiché pare più una scelta di opportunità industriale che non un’indicazione di valore nutrizionale, chiediamo: di quanto viene ridotta la quantità di materia nobile a favore di ingredienti accessori (solitamente patata)? Il potere nutrizionale di una polpetta è uguale a quello di una fettina ‘autentica’ di carne o di un filetto di pesce? Dal punto di vista educativo, perché insegnare ai bambini che sia preferibile il cibo manipolato a quello riconoscibile alla vista e all’olfatto?
Dai controlli effettuati quotidianamente sui menu risulta che stia prevalendo ‘la strategia della polpetta’, in uno con il progressivo abbandono delle materie prime fresche, per privilegiare il cibo pronto all’uso e una montagna di verdure IV (lavate, trattate e imbustate) e V gamma (lavate, cotte, trattate e imbustate), che al supermercato costano fino a 10 volte di più della verdura fresca.
Inoltre, si registra una progressiva chiusura delle cucine per una strategia di accentramento in mega centri cottura dove l’elaborazione dei pasti non ha più la cura di un tempo, con un netto appiattimento delle ricette, materie prime pronte all’uso e processi industriali. Come può tutto ciò non incidere sul gradimento da parte dei bambini?
Infine: le grammature. Come possono 70 grammi di pasta, pensati per un bambino di 10 anni, non eccedere per un bambino di 6?
Le grammature vanno rimodulate per età, salvaguardando la possibilità di bis.
Il modello ideale? Frutta a metà mattina per tutti, pinzimonio di verdure fresche o verdure cotte, tutte di stagione, come entréé, per assicurarne il consumo, poi pasta e secondo.
I genitori si aprono al confronto, in quanto la tutela del diritto ad un pasto sano, fondato sul diritto alla salute e ad una alimentazione sana ed equilibrata, non può essere delegata ad un operatore che abbia come unici obiettivi quelli di riduzione dei costi e di aumento di profitti. Il conflitto di interessi è evidente e non può ammettersi che il business del gestore prevalga sulla salute dei bambini.