La ristorazione collettiva che, con la recente nota del Miur teme di perdere importanti fette di mercato, si muove all’attacco dei genitori sostenitori del pasto da casa. Scendono in campo anche i consulenti della ristorazione collettiva con un articolo apparso su il24salute.it dal titolo ‘Il panino a scuola? razzista e pericoloso”. La scelta del pasto da casa viene definita “razzista e classista perché comporta inevitabilmente una discriminazione tra ricchi e poveri, tra lauti pasti e non. Insomma svanisce l’effetto positivo della ristorazione pubblica”, con un’aggravante che pesa sugli oneri delle aziende di ristorazione scolastica che dovrebbero sostenere i costi assicurativi anche per i bambini del pasto da casa. “Perché”, quindi, il fornitore del servizio mensa “dovrebbe sobbarcarsi i costi dell’assicurazione per un bambino che non usufruisce del suo servizio?”
Si scatena la reazione sui social e i genitori intervengono ‘piccati’ dalla pagina facebook Caro Mensa Torino e si apre il dibattito. Mamme e papà rispondono fermi e compatti alla provocazione con un post che smonta i detrattori del pasto di mammá, cioè coloro che si oppongono all’alternativa alla mensa: “…i nemici del PANINO sono i concorrenti di questo, oltre che naturalmente tutti coloro i quali orbitano come satelliti attorno al grande “SISTEMA” della ristorazione collettiva“. “Accanto a queste nuove strumentali considerazioni – che ci ricordano la divisione politica dei salumi che declinava Caruso Pascovsky negli anni ’80 – vengono rispolverate, nell’ignorantia legis, le problematiche logistiche ed educative, problematiche brillantemente gestibili e superabili applicando le leggi di questo Paese e della Comunitá Europea“. Secondo i genitori, in ciò confortati dall’avvocato Vecchione, ci sono già tutti gli strumenti legislativi per superare le problematiche organizzative attraverso opportune rinegoziazioni dei documenti che sottintendono al servizio (ad esempio il Duvri).
I genitori non ci stanno ad essere tacciati di razzismo culinario “che non ha niente a che vedere con quello che vogliamo“. Si sollevano le ragioni che hanno spinto al pasto da casa in alternativa ad una mensa troppo cara a Torino: “un pasto 7 euro e passa a per un bimbo le sembra una buona soluzione?“
La dialettica che si innesca è quella conflittuale che genera attriti a fronte di offese, perdendo di vista il nocciolo della questione. Ce lo ricorda un papà intervenendo nel dibattito auspicando un cambio di rotta nelle politiche alimentari della mensa: “Ripristinare le mense nelle scuole, per dare cibo fresco e di qualità! Esistono plessi con mense NUOVE, utilizzate solo per riscaldare i cibi provenienti da queste di dubbia qualità!!!”
I genitori abbandonano la mensa non perché non ne riconoscono il valore intrinseco e una conquista sociale, ma perché è diventata insostenibile vuoi per il costo o per la qualità. Se, come riconosce l’autore dell’articolo “dove il servizio mensa funziona, per costo e qualità” non si trovano genitori che chiedono l’esonero dalla mensa, ci sarà un perché?
Se si fossero ascoltate le proteste dei genitori di questi anni con i vari scioperi del panino in tutta Italia per contrastare aumenti indiscriminati e degrado della qualità dei cibi in mensa saremmo arrivati a questo punto?
Non c’è peggior sordo di chi non ha voluto e continua a non voler sentire. Purtroppo questa deriva la pagheremo tutti, finché non si arriverà a cambiare la politica alimentare nella mensa scolastica. Ma per farlo bisogna superare le logiche di conflitto e arrivare ad un confronto onesto e sincero che analizzi gli errori fatti e ci si confronti con le realtà che funzionano. Imparare da chi fa meglio, stimolare il confronto e innescare processi di cambiamento è quello che cerchiamo di fare con il Rating dei menu scolastici. I risultati si registrano in quei Comuni che hanno raccolto la sfida, e, grazie all’impegno dei genitori, sono ampiamente saliti nella classifica. Un importante segnale che cambiare si può, basta volerlo.