Risposta all’articolo MENSA E GENITORI INDIGESTI
(Corriere della Sera, 6 maggio 2017, di Isabella Bossi Fedrigotti)
Cara Isabella Bossi Fedrigotti,
i genitori che lei chiama ‘indigesti’ a Milano sono più di 2000 e sono quelli che spesso vanno in mensa ad assaggiare il cibo della refezione scolastica quello che lei definisce a base di ‘verdure insapori, patate mosce, carne pallida, pesce surgelato’, a cui dovremmo rassegnarci.
Molti genitori sono rimasti perplessi dalle parole del suo articolo del 6 maggio, tanto da innescare discussioni e interventi anche sui social.
Nasce spontaneo il desiderio di intervenire per darle una prospettiva diversa, quella dei genitori.
E’ evidente che il confronto tra la ‘grandiosa rassegna del food City‘ un evento di 8 giorni che celebra la politica del cibo di Milano rispetto alle contestazioni dei genitori per la qualità della mensa che tocca 65.000 bambini milanesi tutti i giorni è un parallelo che gioca su presupposti diversi: marketing vs salute. Così come affiancare la qualità della mensa al cibo ‘frettoloso’ che lo stile di vita impone alle famiglie milanesi è un po’ riduttivo e, forse non riguarda tutti, dal momento che si sta diffondendo una consapevolezza sull’importanza dell’alimentazione per la salute, sia a casa che a scuola. Ma soprattutto la mensa scolastica, ha un ruolo diverso da quello di riprodurre le abitudini della realtà alimentare moderna, come sembra voler esprimere lei nell’articolo.
La mensa scolastica nasce non solo per riempire la pancia dei bambini, ma esprime valori nutrizionali ed educativi. Una mensa deve insegnare ad acquisire corrette abitudini alimentari, a sperimentare nuovi sapori, a riconoscere i cibi attraverso il gusto e il profumo, la loro stagionalità, imparare ad autoregolarsi nella quantità di cibo da assumere, ma anche condividere il piacere e le regole dello stare insieme a tavola. Aspetti spesso disattesi in molte mense italiane.
Una mensa che non è in grado di insegnare a riconoscere il gusto del cibo che si mangia (le polpette!), può essere educativa? Se dà da mangiare la stessa verdura, come le zucchine, tutto l’anno, come può insegnare la ciclicità del tempo, il senso delle stagioni. Se i bambini escono da scuola abbuffandosi di merenda, pregiudicando il consumo della cena, i genitori hanno il dovere di capirne le ragioni, o no? Se è pur vero che ci sono genitori che hanno poco tempo per cucinare la cena, proprio per questo, confidano almeno nella qualità del pasto a scuola.
La scuola deve tornare ad insegnare la bellezza e la bontà del cibo, il gusto dei sapori, il profumo dei cibi che i bambini si porteranno nella memoria e assoceranno per tutta la vita ai momenti dell’età scolare. Ecco cosa rimarrà ai futuri cittadini di Milano: il ricordo del profumo della mensa. Una memoria che vorremmo associassero a momenti di piacere e condivisione, ma sarà veramente così?
Claudia Paltrinieri
Commissione mensa S.S. Trinità