O mangi la minestra (mensa) o salti il tempo pieno. E’ questo il senso del nuovo decreto che mira a rendere obbligatoria la mensa per legge? Con una frase introdotta all’articolo 5 del decreto ddl 2037 si afferma che ‘i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche’. Quindi, sembra di capire, che se si sceglie il tempo prolungato (o tempo pieno) si deve mangiare a scuola pagando il servizio di ristorazione scolastica.
Questa la perplessità dell’avvocato Cinzia Olivieri che all’interno di un articolo pubblicato su Tecnicadellascuola scrive: ‘non è chiaro come un “servizio” (peraltro a pagamento, per quanto in proporzione al reddito, nella scuola dell’obbligo) identificato all’art. 2 quale “attività di approvvigionamento, preparazione, conservazione, distribuzione e somministrazione di pasti, definita da un contratto” possa finire per integrare attività di tipo formativo ed educativo. Peraltro il tempo scuola non prevede sempre e necessariamente il tempo mensa ma (solo) nelle scuole dell’infanzia, primaria e (limitatamente) nella secondaria di primo grado il servizio è attivabile “a richiesta degli interessati”. Ci si chiede quindi se si voglia giungere a condizionare la possibilità di scegliere un tempo scuola che preveda la mensa (pieno o prolungato) all’adesione al servizio.
Condizionare la didattica ad un servizio a pagamento, il cui costo può variare anche di circa 5 euro da nord a sud (Torino € 7.10 e Perugia € 2.50) metterà in difficoltà quelle famiglie che non possono permettersi questo onere economico e che di conseguenza dovranno optare per la scuola a modulo, quella che finisce prima dell’ora di pranzo. Se sarà questa la prospettiva della ristorazione scolastica possiamo ipotizzare una ricaduta sul modello di scuola da offrire ai nostri piccoli studenti, con bimbi di serie A, B e C.
I bimbi di serie B saranno quelli che si possono permettere la mensa che continuerà ad essere piuttosto onerosa e fuori controllo a causa della cronica assenza del monitoraggio del servizio da parte delle Amministrazioni.
I bambini di serie C saranno quelli che non si potranno permettere il costo mensa e quindi dovranno optare per la scuola a modulo e pomeriggi davanti alla televisione della nonna, se va bene.
Poi ci saranno i bambini di serie A quelli le cui famiglie benestanti non cederanno a questo ricatto e si organizzeranno con strutture alternative che nasceranno per offrire catering di qualità e attività sportive e didattiche pomeridiane. Un nuovo business per una élite di famiglie.
Nuovi scenari e una più ampia fetta di famiglie, quelle di serie B, che opzioneranno il tempo pieno, ma che non riusciranno a pagare il servizio di ristorazione scolastica aumentando la quota di insoluti effetto cronico delle mense di scarsa qualità con tariffe, per molti, insostenibili.
Quindi il Governo anziché affrontare i problemi della ristorazione scolastica cercando soluzioni per migliorare la qualità del servizio e renderlo accessibile a tutti, si è affrettato a renderlo obbligatorio, per buona pace delle aziende di ristorazione scolastica e dei Comuni. Non si è voluto andare a fondo delle ragioni che hanno messo in crisi la ristorazione scolastica, ma si è preferito mettere una pezza per salvare Comuni e Aziende di ristorazione collettiva dall’esodo verso il pasto da casa. Aumenti ingiustificati delle tariffe mensa, gare d’appalto al ribasso che pregiudicano la qualità degli alimenti e la drammatica assenza dei controlli a monte e a valle del servizio tanto da lasciare spesso mano libera alle frodi alimentari non sembrano essere oggetto di disciplina all’interno del decreto. Con il DDL 2037 s’interviene soprattutto per tutelare le Amministrazioni che rischiando di non riuscire più ad essere adempienti agli oneri contrattuali previsti dall’appalto mensa in essere a causa delle numerose famiglie che hanno disdetto il servizio.
In sintesi questo ddl 2037 non ha l’obiettivo di tutelare la salute dei bambini e di sostenere le famiglie utenti del servizio ma di salvaguardare gli interessi economici degli Amministratori e del mercato. Tanto più che i genitori e le commissioni mensa non sono contemplati come attori partecipi del servizio all’interno della nuova disciplina. Così sosteneva già ad ottobre anche l’avvocato Alessandra Bircolotti che sul tema si era già espressa sostenendo che il decreto ‘non fornisce alcuno strumento utile per garantire la partecipazione dei genitori, fondamentale per la qualità del servizio’ chiarendo che ‘nel DDL 2037: non possono non predisporsi strumenti di partecipazione orizzontale a monte – oltre che a valle – da parte dei genitori, che sono una componente fondamentale del servizio.’
Quindi se la refezione scolastica diventa obbligatoria, senza un ruolo partecipativo per i genitori utenti del servizio cosa diventerà la mensa e come cambierà la scuola? I genitori della rete delle commissioni mensa nazionale chiedono al Governo una revisione del testo del DDL 2037 e lo fanno con un comunicato stampa indirizzato alle commissioni che stanno lavorando sul nuovo decreto in discussione.