Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei. Se prima si tendeva a riconoscere la personalità degli uomini in base al segno zodiacale, ora lo si fa in funzione del profilo alimentare a cui si appartiene. Ci sono i carnivori per i quali se non c’è una bistecca a pranzo non è un pasto; gli onnivori che non disdegnano nulla; i vegetariani che invece escludono carne e pesce; i vegani, che rifiutano tutti i prodotti derivati dallo sfruttamento e uccisione degli animali (carne, pesce, latticini, uova, miele).
In mezzo ci sono profili intermedi come i semivegetariani, che eliminano solo le carni rosse, ma non quelle bianche, e i più estremi come i crudisti e i fruttariani.
In tutto questo pullulare di ‘identità alimentari’ ne sta emergendo una nuova, quella dei ‘riduzionisti’ che, a detta di Jay Rayner, autore inglese del libro ‘I dieci comandamenti del cibo’ si rifà a quelle persone che scelgono di ridurre la quantità e frequenza della carne. I riduzionisti sono mossi da scelte etiche e salutiste: rispetto dell’ambiente (la carne è la principale fonte d’inquinamento al mondo) e qualità della vita con una alimentazione più in linea con le indicazioni scientifiche dell’OMS. I riduzionisti non sono ‘ossessivi e compulsivi’ con il cibo, sembrano essere culturalmente preparati, o almeno s’informano e leggono di attualità, generalmente hanno figli ai quali vogliono lasciare un Pianeta pulito, non fanno del cibo una religione e, soprattutto, mangiano con un po’ di attenzione verso se stessi e gli altri.
I riduzionisti si distinguono perché vivono in una dimensione temporale che coniuga il ‘qui e ora’ (mangio con gusto) con una visione del futuro condizionata dalle scelte alimentari del presente: se mangiamo tutti un po’ meno carne avremo un mondo più sostenibile.
E’ così di fronte a scelte etiche e filosofiche come quella dei vegani, o responsabili come quella dei riduzionisti, si sviluppano nell’immaginario comune i cliché delle diverse identità: l’attivista culinario, magro, che predica ricette vegan e qualità della vita, o il carnivoro cicciottello che di cibo parla solo a tavola per osannare la bistecca. I riduzionisti invece sono meno etichettabili: possono essere un po’ magri, un po’ normali e un po’ grassi, in comune hanno una sensibilità che può arrivare a condizionare alcune semplici scelte a partire dagli acquisti alimentari di ogni giorno.
L’obiettivo, oggi, sembra quello di arrivare a fare tendenza attraverso l’identità alimentare più glamour del momento, che diventa stile di vita e facilita la promozione di libri, programmi televisivi e fa audience anche sui social. La scelta più in voga oggi è indubbiamente quella dei vegani, ribattezzati dal New York Times il popolo dei ‘cruelty free’ guidato da Star come Brad Pitt. Anche se con l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti potrebbero tornare in auge i junk food eater di cui Trump è massima espressione. Hamburger e patatine diventano, in America, non solo rappresentazione dell’identità culturale statunitense, ma anche contrapposizione politica alla personalità salutista di Michelle Obama, che rischia di minare i profitti dei fast food che fanno ‘grande l’America’.
In questo variegato contesto i riduzionisti potrebbero fare la differenza con un approccio meno ideologico, senza diete e ricette da promuovere, ma solo abitudini alimentari più responsabili contro le quali è difficile schierarsi.