I genitori di Torino vincono in Appello e ottengono il diritto di poter scegliere tra la refezione scolastica ed il pasto da casa da consumarsi all’interno della scuola e nell’orario destinato alla refezione. Una sentenza storica che produrrà effetti non solo a Torino.
Dalla sentenza, di cui alleghiamo il documento originario ( sentenza corte appello caro mensa ) si desumono ulteriori principi che l’avvocato Giorgio Vecchione sottolinea, evidenziando quali altri aspetti dovranno essere considerati all’interno della scuola per contemplare l’opzione ‘pasto da casa’. Ecco cosa ci scrive l’avvocato:
- l‘assistenza durante il tempo mensa, non è solo una mera attività di “sorveglianza” ma è un’assistenza “educativa” che spetta al personale docente; eventuali ed ulteriori costi delle cooperative o altre associazioni di assistenza esterne, fatti gravare sulle famiglie, dovrebbero essere costi NON DOVUTI dai genitori, ma sono costi che deve sostenere la scuola.
- Ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, DEVE curare l’organizzazione e la gestione degli spazi e del personale, senza alcun onere economico a carico delle famiglie.
- Il diritto di scelta VALE sia nelle scuole a tempo pieno sia in quelle a modulo, sempre che nel POF sia previsto il tempo mensa e dopo mensa come segmento formativo;
- Durante il tempo mensa, ove previsto, i minori NON POSSONO USCIRE da scuola, perché il tempo mensa fa parte del tempo scuola.
Di seguito le argomentazioni che hanno motivato la Corte di Appello ad esprimersi a favore del pasto da casa.
In sintesi la Corte di Appello, dopo aver richiamato l’art. 34, primo comma, della Costituzione che prevede il diritto all’istruzione, obbligatoria e gratuita, menziona la Circolare del MIUR n. 29 del 5 marzo 2004, emessa a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 19.2.2004, n. 59, la quale sottolinea come il primo ciclo costituisca la prima fase in cui si realizza il diritto-dovere non solo all’istruzione, ma anche alla formazione; l’orario annuale delle lezioni nel primo ciclo di istruzione comprende: (a) un monte ore obbligatorio; (b) un monte ore facoltativo opzionale; (c) eventualmente l’orario riservato all’erogazione al servizio di mensa e di dopo mensa, precisando che i tre segmenti orari rappresentano il tempo complessivo di erogazione del servizio scolastico, che non vanno considerati e progettati separatamente, ma concorronoa costituire un modello unitario del processo educativo, da definire nel POF.
I servizi di mensa sono necessari a garantire lo svolgimento delle attività educative e didattiche e vengono erogati utilizzando l’assistenza“educativa” (N.B.: e non una mera attività di “sorveglianza”) del personale docente che si intende riferita anche al tempo riservato al dopo mensa.
Ciò anche nella scuola secondaria di primo grado ove si parla ormai di “tempo scuola”, che comprende non soltanto le attività strettamente didattiche. Il servizio scolastico si svolge attraverso tutti i previsti “segmenti orari”, compreso il tempo-mensa. Ne consegue che il diritto all’istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma in modo più ampio al diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo offerto dal servizio scolastico nell’ambito del “tempo scuola”.
Quanto al tempo mensa, quindi – disattendendo la conclusione del Tribunale – per la Corte di Appello il permanere presso la scuola nell’orario della mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto perché costituisce esercizio del diritto all’istruzione.
La Corte di Appello ha poi rimarcato il fatto per cui il servizio di refezione scolastica previsto dal D.M. 31 dicembre 1983, è un servizio locale a domanda individuale, facoltativo per l’utente, che non può mai diventare obbligatorio e, quindi, non essendo ipotizzabile il digiuno degli studenti, occorre rinvenire una soluzione.
La Corte di Appello ha riformato la decisione del Tribunale nella parte in cui “suggeriva” ai genitori di prelevare il figlio da scuola durante il tempo della mensa per riaccompagnarlo successivamente, poiché in tal modo viene ad essere leso il diritto di partecipare al “tempo mensa” quale segmento del complessivo progetto educativo, salvo sottostare al ricatto del servizio pubblico in assenza di alternative.
Conclusivamente, la Corte, ha ritenuto che il diritto vantato dagli appellanti, ancorchè non espressamente previsto da una norma specifica, sia comunque desumibile dall’ordinamento costituzionale e scolastico, ovviamente solo nei casi in cui sia previsto il c.d. “tempo mensa”, ossia quello specifico segmento orario dell’offerta formativa.
Quanto alla concreta attuazione del diritto in questione, la Corte di Appello ha ritenuto di non consentire indiscriminatamente agli alunni di consumare il pasto domestico presso la mensa scolastica, ma statuito che ciascun istituto debba adottare idonee misure organizzative in relazione alla specifica situazione logistica, organizzazione che, in presenza di un diritto soggettivo perfetto, oggi accertato, diventa un OBBLIGO specifico.
In conclusione la Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accertato la sussistenza del diritto dei genitori di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nell’ambito delle singole scuole e nell’orario destinato alla refezione.
Esattamente quello che volevamo!
Avvocato Giorgio Vecchione