Dopo i ricorsi di Torino, vinti dai genitori, anche a Milano si apre un nuovo capitolo giudiziario in tema di ‘pasto da casa‘. Sono partiti in settimana 3 ricorsi a firma dell’Avvocato Giorgio Vecchione, rivolti al Comune al Ministero e ai presidi. L’intento di questi ricorsi, così per come sono stati formulati, è quello di superare il limite territoriale delle ordinanze, utilizzato come scudo per circoscrivere il diritto riconosciuto all’ambito in cui opera il giudice.
Abbiamo chiesto all’Avvocato di spiegarci alcuni aspetti di materia giuridica che sono continuo oggetto di dibattito da quando è iniziata la scuola. Ecco le sue risposte in relazione alle posizioni che i vari soggetti che ruotano intorno alla refezione scolastica dovrebbero assumere.
Può un Comune, che non sia Torino, ostacolare il diritto alla libera scelta tra pasto da casa e refezione scolastica?
In linea di massima nessun Comune può vietare questa libera scelta perché l’organizzazione di un ambiente scolastico come il refettorio, compete unicamente al dirigente scolastico che è il solo capo del proprio istituto. L’ingerenza dell’Amministrazione comunale nello svolgimento delle attività che si svolgono all’interno degli Istituti scolastici è tanto grave quanto è grave l’atteggiamento dei D.S. che si fanno “comandare” da un soggetto terzo, deputato unicamente a fornire un servizio di ristorazione a pagamento nelle scuole. Ancor più grave l’atteggiamento delle Amministrazioni comunali che non impongono ai loro appaltatori di adeguare il loro servizio ad un quadro normativo e di diritto profondamente mutato a seguito delle pronunce giudiziali di quest’estate, il tutto con inaccettabile sacrificio di un diritto costituzionale.
Quale dovrebbe essere il contributo delle ASL (ATS) in questa dialettica?
Come più volte evidenziato dalle ASL, esse non hanno alcun potere di sindacare o controllare gli alimenti che i genitori forniscono ai loro figli, così come non lo fanno per quel che riguarda le merende di metà mattina, in occasione delle quali si assiste ad ogni genere di scambio di cibi tra gli studenti. In assenza di norme e leggi che vietano l’uso promiscuo dei refettori, non so nemmeno in quali termini l’ASL possa intervenire, se non ammettendo al limite suggerimenti minimi ai D.S.. Se, invece, ci fosse da intervenire sulle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) di competenza delle ditte, non ci sarebbe altro adempimento burocratico che quello di imporre a queste di provvedere ad una modifica/rettifica delle SCIA già depositate che contempli la presenza in refettorio di studenti che non sono utenti del servizio. Se la scelta è quella cui stiamo assistendo in questi giorni, ossia quella per la quale la P.A. rifiuta o ritarda nell’ordinare alle ditte di adeguare le SCIA, si chiude il cerchio sulla sostanziale privatizzazione di uno spazio collettivo e pubblico, qual è il refettorio di una scuola, con buona pace del diritto degli studenti a vivere, insieme, il tempo mensa, che è cosa ben diversa dal servizio di refezione comunale oneroso e facoltativo.
Come possono i presidi uscire da questa impasse?
Come dicevo in precedenza; riappropriandosi unicamente del loro ruolo di capi d’istituto, esercitando tutte le prerogative ed i poteri che l’autonomia scolastica, da ultimo confermata con la legge 107/2015, attribuisce loro, rifiutando categoricamente i dictat delle Amministrazioni comunali che, lo ripeto, svolgono un ruolo di meri fornitori di un servizio a casa d’altri per il tramite di un appaltatore privato o ditte partecipate. Il fatto che un Comune abbia per legge l’onere di costruire e manutenere una scuola, non la rende Padrona di casa. I presidi posono e devono uscire da questo impasse adempiendo soltanto ai loro doveri d’ufficio, senza rifiutarli o ritardarli e senza farsi comandare da soggetti esterni alla scuola, con pregiudizio di un diritto costituzionale, ma soprattutto della serenità dei giovani studenti, oggi esposti a turbamenti e frustrazioni inaccettabili.
Qual è o scenario che possiamo aspettarci entro la fine di questo anno scolastico?
I genitori che qui a Torino hanno vinto le loro battaglie giudiziali non hanno alcuna intenzione di arrendersi o fare passi in dietro, soprattutto davanti ad Amministrazioni che non hanno nemmeno il buon gusto di ascoltare la loro voce, se non leggendola negli atti giudiziali; ed a quanto pare è una voce che ha solidi fondamenti in diritto. Qui a Torino andremo avanti con tutti gli strumenti che l’Ordinamento ci offre, in sede civile e penale. Siamo certi che la battaglia che si sta combattendo è quella di un omino contro un elefante imbizzarrito, ma siamo confortati dal fatto che la Magistratura torinese abbia preso delle decisioni estremamente sagge e rispondenti alla legge ed alla Costituzione. Altri genitori in tutta Italia sono pronti ad intraprendere le stesse battaglie in un contesto ancora molto incerto per amministrazioni comunali e dirigenze scolastiche che non vivono, come qui, da anni la questione del pasto da casa e che anzi, per negare il diritto rivendicato, si nascondono dietro a motivazioni che la Corte d’appello ed il Tribunale di Torino ha spazzato via senza alcuna esitazione.
Aspettiamo l’esito dei ricorsi per capire come evolverà la situazione in tutta Italia.