L’indagine sulla mensa scolastica in tempo di Covid ci ha mostrato una mensa spaccata in due: quella che punta all’usa e getta e quella che investe nel capitale umano investendo sul futuro.
Questa estate, in un quadro normativo molto confuso, i Comuni hanno dovuto ripensare, in poco tempo, l’organizzazione del servizio di ristorazione in chiave ‘Covid’.
Distanziamento è la parola d’ordine che ha vincolato sia la didattica che la ristorazione che ha avuto una difficoltà in più, quella di dover attrezzare il servizio anche in classe, là dove il refettorio non è più sufficiente o disponibile.
Lo scenario più diffuso è quello ‘ibrido’ che vede il servizio sia in classe che in refettorio con proporzioni diverse in base al contesto: a Rimini per esempio si è privilegiato soprattutto il mangiare il classe che copre l’85% del servizio, mentre a Trento e a Bolzano più dell’80% dei bambini mangiano in refettorio su più turni.
PIU’ TURNI IN REFETTORIO E I MENU SEMPLIFICATI
L’aumento dei turni in refettorio ha imposto alle cucine di finire prima la cottura dei pasti perché in mensa si arriva a mangiare anche alle 11.45, richiedendo una semplificazione dei piatti: più paste in bianco o al pesto o al pomodoro e meno minestre, meno polpette convertite in bocconcini, tante pizze e qualche salume in più. Per quelle cucine poco orientate ad un pasto sano ed educativo si consolida l’alibi dell’assenza di tempo per provare a proporre in maniera sfiziosa verdure e legumi. Aspetto che amplia il gap fra le mense che puntano alla ‘cura’ e quelle che mirano a ‘riempire la pancia’. Rimangono i menu di qualità, che non cambiano di una virgola il pasto, che mantengono minestre, vellutate e verdure cotte in quei Comuni che hanno investito in carrelli, personale e che mangiano soprattutto in aula limitando il problema dell’anticipazione del pasto in refettorio, come succede a Sesto Fiorentino dove l’80% dei bambini consuma il pasto in classe.
SPERIMENTAZIONI
Il Covid ha permesso di sperimentare nuove soluzioni: stoviglie multiporzioni, vassoi multiporzioni, divisori in plexiglass nei refettori, la borraccia, ma soprattutto il mangiare in classe che è una condizione che offre opportunità e rischi. Dalle nostre interviste a dirigenti rileviamo che il mangiare in classe sembra essere una condizione positiva, da perpetrare, perché si perde meno tempo per gli spostamenti e, soprattutto, perché non c’è quella confusione del refettorio. Mangiare in classe è più silenzioso e questo sembra favorire il consumo del pasto e anche la disponibilità di alcuni docenti ad introdurre informazioni rispetto alla qualità del cibo che stanno per mangiare gli alunni trasformando la ‘mensa’ in un vero e proprio ‘tempo scuola’, come dovrebbe essere. Non è così ovunque, perché sappiamo che alcuni insegnanti, che concepiscono il mangiare a scuola come una ‘pausa’, approfittano per far vedere i cartoni attraverso le lim.
MANGIARE IN CLASSE E RIFIUTI
L’aspetto più critico è la quantità di rifiuti che produce la mensa Covid, con un’invasione di stoviglie monouso, se si mangia in classe. C’è chi privilegia il monouso compostabile e chi come Trento non può permetterselo, perché il Comune non è dotato di sistemi di smaltimento del compost e quindi deve optare per soluzioni in plastica, almeno riciclabile. C’è chi usa piatti compostabili con il coperchio per ridurre la dispersione del calore del cibo come a Cremona, mentre Rimini sceglie di investire nel piatto di ceramica a spicchi per scodellare il pasto in un’unica soluzione ed evitare più passaggi per servire primo, secondo e contorno. Una soluzione utile per non esporre il personale, ma che introduce una modalità nuova di consumo che lascia libertà ai bambini di scegliere quale cibo mangiare per primo in base al gradimento.
VENEZIA LA PIU’ SOSTENIBILE
Venezia spicca per aver adottato la scelta più sostenibile frutto di un’alleanza tra scuola, famiglie e Comune che funziona da anni e che vede ogni giorno i genitori dotare i bambini delle stoviglie pulite da portare scuola. In questo modo non si butta nulla, neanche per il consumo dell’acqua, visto che il Comune quest’anno ha voluto contribuire offrendo le borracce e una tovaglietta lavabile ad ogni bambino. Una buona pratica che insegna ai bambini il valore delle cose e riconosce la responsabilità di ogni famiglia a contribuire per ridurre l’impatto sull’ambiente.
AZIENDE SANITARIE E PLASTICA
Il ruolo delle aziende sanitarie nella riorganizzazione della mensa in tempo di Covid non sembra essere stata a favore della sostenibilità perché abbiamo assistito a pressioni per l’impiego delle bottigliette di plastica o per le monoporzioni sigillate che nulla hanno a che fare con la sicurezza e l’igiene del pasto. Alcuni Comuni hanno resistito a queste pressioni anche per ragioni economiche perché fornire le bottigliette di plastiche, così come per le monoporzioni, è molto più costoso per cui molte Amministrazioni hanno preferito adottare soluzioni più sostenibili sia a livello economico che ambientale.
IL CAPITALE UMANO
Per la prima volta dopo continui tagli del personale nella ristorazione collettiva, ridotto di 15.000 unità in vent’anni, torna a crescere la forza lavoro per far fronte alle nuove esigenze organizzative. Rimini se ne fa un vanto e valorizza il ruolo sociale della mensa scolastica che dà lavoro anche a persone disagiate. Nel Comune di San Martino di Lupari (Pd), dove la mensa è gestita dai genitori, sono state assunte 10 persone, 5 delle quali mamme della scuola, mentre a Trento addirittura 237 persone in più senza le quali il servizio mensa non sarebbe partito. In un periodo dove la perdita di lavoro è un dramma che tocca sempre più persone la mensa diventa un’opportunità di impiego e quindi riacquista un valore sociale sul territorio di riferimento.
MONITORAGGIO OGGI PER LA MENSA DI DOMANI
La mensa in tempo di Covid ha messo in risalto due concezioni di mensa diverse, il cui divario amplia il gap qualitativo del servizio e del cibo, ma ha anche portato a sperimentare e ad investire in nuove dotazioni che per alcune realtà potranno continuare ad essere utilizzate anche in fase post Covid. A fine pandemia la mensa potrà sfruttare quegli investimenti fatti guardando al futuro e riflettere sui risultati delle sperimentazioni se in questa fase è stato implementato un sistema di monitoraggio del servizio. Quanto mai opportuno oggi è definire degli indicatori per misurare il servizio in termini di consumo e di impatto ambientale sui cui dati si potrà ricostruire una mensa, forse, migliore di prima.