Nel Comune di Samassi in provincia di Cagliari ‘un pasto costa all’Amministrazione pubblica poco meno di 5 euro e di questi solo 2 euro sono a carico delle famiglie. Non ci sono distinzioni di nessuna natura per i bambini e ancor meno per nazionalità di provenienza. Gli aspetti di natura amministrativa (carte, bolli, documenti e certificati) sono ridotti al minimo a fronte di una quasi assente evasione contributiva da parte delle famiglie, anche tra le più indigenti. Insomma è un progetto che funziona”. Così scrive Enrico Pusceddu Primo cittadino di Samassi alla sua collega Sindaca di Lodi per proporle di andare a conoscere il modello di mensa a Samassi e per non escludere bambini dalla mensa scolastica.
Un modello di mensa che funziona visto che si è aggiudicato nel 2016 il titolo di mensa verde che coniuga alimentazione sana, filiera corta, sostenibilità ambientale e partecipazione delle famiglie.
Sì tratta dell’ennesimo tentativo di risolvere una questione, quella dei bambini stranieri esclusi dalla mensa, che ha toccato le corde della società civile che ha superato la solita indifferenza impegnandosi o con la raccolta fondi o la firma di petizioni o lettere e con infinite condivisioni sui social.
Tanto rumore e tante ripercussioni perché, come sostiene Federica Buglioni, Presidente di Bambini in cucina, a essere “toccati”, infatti, non sono stati solo i bambini; è stata toccata la scuola pubblica e tutta la comunità educante‘. Infatti sul tema intervengono anche i Dirigenti scolastici della FLC CGIL nell’appello che indirizzano al Ministero dell’istruzione ‘La scuola pubblica italiana è luogo simbolo di democrazia, inclusione e accoglienza e non deve trasformarsi, proprio per i soggetti più bisognosi di protezione, in luogo di discriminazione e separazione. Non è questo l’ambiente in cui far crescere le giovani generazioni.’
‘Il cibo deve unire e non dividere” afferma il Ministero nelle Linee guida per l’educazione alimentare, eppure in questo momento storico la mensa sembra essere diventata da ”tempo scuola” a “luogo di discriminazione”. Mentre la scuola, all’interno della quale la costituzione dovrebbe garantire il diritto di tutti i bambini a vivere un’esperienza educativa serena e felice, si è trasformata in un campo di battaglia politica dove trovare occasioni per umiliare i figli degli stranieri.
Oggi più che mai valgono i 4 ‘must have’ per una mensa di qualità inseriti a conclusione dell’ultimo rapporto ‘(non) tutti in mensa’, di Save the Children che parlano di una mensa: inclusiva per tutti i bambini senza esclusioni per le famiglie meno abbienti, non residenti o morose nei pagamenti, accogliendo tutti i bisogni e le necessità degli alunni in termini di salute e credo religioso, oltre che accessibile, educativa, sostenibile.
Senza dimenticare che tra i bambini esclusi dalla mensa ci sono anche quelli che scelgono, loro malgrado, il ‘pasto da casa’, perché la qualità della mensa è infima oppure perché costa troppo (o entrambe le cose) ed è inaccessibile a molte famiglie di qualsiasi nazionalità. Anche questi bambini, spesso, non possono mangiare il loro pasto insieme ai propri compagni in refettorio o, peggio, si trovano a doverlo mangiare in macchina con un genitore fuori da scuola durante l’ora della mensa.
La buona notizia in contesto conflittuale è che questo rumore crescente di iniziative, lettere, petizioni, raccolte fondi, condivisioni, ecc. dimostra che nessuno rimane indifferente alla sofferenza dei bambini. È un segnale importante che rimanda, in qualche misura, a quello che diceva Einstein: ‘il mondo è un posto pericoloso, non a causa di chi compie azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza fare nulla‘.