Il 21 di giugno 2016 a Torino la Corte d’Appello sancisce il diritto dei genitori di poter scegliere tra il servizio mensa e il pasto da casa.
L’iter legale era iniziato nel 2013, quando più di 700 genitori, avevano fatto ricorso al Tar per contestare i rincari delle tariffe della mensa scolastica torinese arrivata a costare 7.10 a pasto. Il Tar Piemonte aveva respinto il ricorso, e i per aggirare l’ostacolo del costo i genitori hanno puntato al pasto da casa come alternativa al servizio mensa.
La sentenza di Torino ha rotto un equilibrio basato su una mensa percepita come obbligatoria innescando un aspro dibattito tra genitori e Amministratori Comunali. Mentre a Torino i genitori hanno avviato un progressivo esodo dalla mesa, nel resto d’Italia si registra l’effetto domino della sentenza che sposta lo sciopero del panino usato come strumento di contestazione in obiettivo. La richiesta del pasto da casa in alternativa alla mensa rappresenta una resa di fronte all’immobilismo delle Amministrazioni rispetto alle continue richieste di qualità al giusto prezzo da parte dei genitori.
A Genova la mensa è in stallo. Nel Rating dei menu scolastici ha mantenuto lo stesso identico punteggio ‘appena sufficiente’ (55 punti) con un costo tra i più altri d’Italia € 6.50 a pasto. Il rapporto costo-qualità non funziona e alimenta le proteste dei genitori. Da una parte ci sono coloro che si arrendono e avviano iniziative legali per avere riconosciuto il diritto al pasto da casa in alternativa alla mensa e, dall’altro, le famiglie che vorrebbero una mensa migliore. Sono questi ultimi i genitori che avviano scioperi per 4 giorni, a maggio, per sollecitare un cambio di passo da parte dell’Amministrazione: più trasparenza, rispetto dei capitolati d’appalto, maggiori controlli e relative sanzioni, menu migliori con meno patate e un regolamento che riconosca e disciplini l’operato delle commissioni mensa.
A Milano cambia l’Amministrazione, l’Assessore di riferimento per la mensa scolastica, il Presidente di Milano Ristorazione, la Rappresentanza cittadina delle commissioni mensa e il nuovo coordinatore dei genitori. Sempre lo stesso, invece, il menu proposto per il prossimo anno che vede cambiare solo la lasagna al ragù in lasagna al pesto. Tutto il resto rimane identico, a parte il nome delle polpette che si trasforma in chicche di pesce.
I genitori hanno ripetuto all’interno di un documento presentato al Comune in occasione della negoziazione del menu invernale, le solite richieste: no cibo processato ma alimenti riconoscibili, più biologico, abbinamenti più appetibili, meno uova e patate di bassissima qualità, un’alternativa al piatto unico, più verdura fresca e di stagione. In definitiva i genitori chiedono una mensa con cibo autentico e non industriale.
A Bologna gli scioperi a sorpresa, dovuti a una cronica riduzione del personale e a contenziosi non risolti tra personale e azienda, hanno creato moltissimi disservizi in mensa. I genitori hanno chiesto al Comune di essere più incisivo nei controlli e di sanzionare le irregolarità del servizio. I sindaci di Castel Maggiore e Castello d’Argile, (Bologna) dopo l’ennesimo disagio dovuto agli scioperi dell’azienda di ristorazione scolastica (Elior) hanno avviato la procedura per la dissoluzione del contratto di fornitura del servizio.
A Firenze il caso dei menu contestato da alcuni genitori. La discussione è sorta in merito alle pietanze somministrate, secondo l’Amministrazione sane ed educative mentre, a detta di alcuni genitori, non gradite ai bambini. I genitori affermano di rilevare un aumento degli scarti di cibo in mensa durante le ispezioni dei commissari mensa. Il Comune ha invece difeso la scelta educativa del menu che ha introdotto piatti più sani della tradizione culinaria fiorentina.
A Napoli i genitori si sono organizzati in un coordinamento e hanno iniziato un tavolo di trattativa con l’Amministrazione a cui hanno formulato una serie di richieste. Nel prossimo anno scolastico si vedrà se questa prova di dialogo porterà dei cambiamenti sostanziali nella qualità delle materie prime e nel nuovo menu invernale. Aspetto che rimane critico, a detta dei genitori, è la scarsa trasparenza: ai genitori non è dato sapere se un alimento è fresco oppure congelato, convenzionale o biologico, ma nemmeno chi sono i fornitori e la tracciabilità dei prodotti, dati che non sono pubblici.
Il Tribunale di Napoli dice No al pasto da casa. Il primo rifiuto dopo 15 ordinanze positive sullo stesso tema di altrettanti giudici. Tra le motivazioni del giudice napoletano c’è anche l’importanza del pasto igienicamente controllato. Succede una settimana dopo che in 19 scuole è stato sospeso il servizio mensa a causa di intossicazioni da cibo che hanno causato diarrea e vomito ai bambini. Le analisi fatte dalla Asl Napoli 1, che ha prelevato i campioni dei pasti erogati, hanno rilevato una elevata carica batterica di bacillus cereus e di colibatteri (escheria coeli).
A Terni c’è un clima di grande attesa su due aspetti che riguardano la refezione scolastica. L’indagine Spada, che ha visto alcuni assessori coinvolti nell’assegnazione poco limpida di alcuni appalti, non ha ancora visto archiviato il capitolo mensa, mentre l’ANAC è intervenuta per chiedere delucidazioni al Comune sugli appalti degli anni passati e su quello in aggiudicazione. Tutto questo in un momento in cui il Comune sta aspettando il parere del Ministero dell’Interno e della Corte dei Conti sulla procedura di predissesto.
A Brindisi dopo che per tutto l’inverno i bambini con il pasto da casa hanno mangiato fuori da scuola, sulle panchine o in macchina quando pioveva, il Comune, preso atto della circolare n. 348 del 03/03/2017, con la quale il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca forniva indicazioni ai Dirigenti Scolastici sul consumo a scuola del pasto domestico, ha detto di si all’opzione pranzo al sacco all’interno della scuola recependo le istanze dell’ ADOC. Ma i dirigenti scolastici fanno resistenza e, di fatto, non cambia nulla: i bambini rimangono seduti sulle panchine fuori da scuola a mangiare il pasto da casa.
A Benevento la mensa è finita già i primi di marzo. Si è estinto un servizio che è stato un disastro su tutti i fronti: rilevanti problemi igienici riscontrati dall’ASL, progressiva perdita del numero d’ iscritti (dai 2.200 originari ai 200 rimasti), morosità di circa metà degli utenti del servizio. Genitori e Amministrazione non rilevano le condizioni per ripristinare un servizio di mensa scolastica. I molteplici errori fatti intorno alla mensa hanno rotto quel rapporto di fiducia che permette di affidare un servizio così sensibile come la mensa scolastica ad una istituzione che si faccia garante della qualità.
A Perugia dopo una lunga battaglia che ha visto la proposizione di un ricorso al TAR ed ha richiesto l’intervento dei NAS nei refettori, finalmente la determinazione dei genitori unitamente alla guida di un legale di fiducia (avv. Alessandra Bircolotti) hanno fatto sì che venissero accolte dall’Amministrazione tutte le richieste di miglioramento proposte dai genitori, tra le quali le più incisive: partecipazione dei genitori al Comitato di valutazione dei fornitori, superamento di alcune criticità nel menù, regolamentazione dei controlli dei genitori senza preavviso e loro parificazione a quelli del Comune. I genitori hanno modificato la proposta di menu eliminando definitivamente gli insaccati, reintegrando la frutta fresca ed inserendo più di frequente i legumi.
A Bergamo la mensa ha registrato un aumento del numero degli utenti: più 99 iscritti al servizio di refezione scolastica rispetto allo scorso anno. Sono 5.348 le famiglie bergamasche che hanno scelto il servizio di refezione scolastica con un trend di crescita decisamente anacronistico visto i tempi.
Le ragioni si trovano nelle due principali leve che spingono a fidelizzare e incrementare il servizio: la qualità e il costo. Il menu di Bergamo, infatti dallo scorso anno ad oggi ha registrato un netto miglioramento nell’equilibrio della dieta, che il nostro Rating ha rilevato passando dal 13° posto, nella classifica dello scorso anno, al 6° posto quest’anno con 121 punti, rientrando nella fascia dei menu valutati ‘buoni’. Ben 54 punti in più rispetto al menu dell’anno scolastico 2015/16. Un salto di qualità che va a braccetto con una politica di costi a favore delle famiglie grazie alle tariffe ridotte per coloro che hanno dichiarato un Isee basso.
Dopo che alcuni genitori di Asti hanno visto il risultato del Rating dove il menu astigiano si è posizionato al terz’ultimo posto della classifica (49 punti) è stato avviato un percorso costruttivo di confronto tra commissari mensa e Amministrazione. Il primo risultato è stato raggiunto con l’approvazione del regolamento delle commissioni mensa che sancisce diritti (tra cui quello di scattare fotografie durante i controlli) e doveri dei genitori nelle varie fasi di controllo del servizio. Il regolamento è il primo passo per costruire un dialogo e un modello di negoziazione tra i vari stakeholder che ruotano intorno al servizio mensa per migliorare la qualità dei menu.
Cremona eccelle nel Rating dei menu scolastici con un menu vario ed equilibrato che sfrutta la presenza di cucine sul territorio per proporre piatti inusuali in mensa: pasta ai broccoli e mandorle, risotto giallo (curcuma) con porri e piselli, insalata con noci e olive. Piatti di qualità, cuochi preparati e, soprattutto, una dietista, Silvia Bardelli, profondamente motivata a fare sempre meglio per tutelare la salute dei bambini, consacrano il menu di Cremona al top della classifica e apre la strada a nuove proposte, ancora più innovative, attese per il prossimo anno scolastico.