I menu prêt-à-porter sono quelli ‘standard‘, che vanno sempre bene: riso alla parmigiana, pasta al pomodoro, pizza, lasagne, hamburger, polpette di carne, bastoncini, patate un po’ dappertutto, frutta, budino o yogurt di dessert. I menu su misura invece hanno piatti inusuali che puntano a compiacere il gusto ma anche a dare ‘sostanza’ nutrizionale, come pasta con broccoli e mandorle, risotto ai funghi, pasta con asparagi, tortelli di borragine. Quando ti accorgi che quello che stai leggendo non è uno dei soliti menu standard, prêt-à-porter, hai la sensazione che chi lo ha elaborato sia qualcuno che dà significato al prorio lavoro, sforzandosi di coniugare salute, educazione e gusto nei piatti destinati ai bambini. Chi scrive i menu ha un compito importante e difficilissimo, che non è solo quello di ‘riempire la pancia dei bambini‘, ma anche di educarli ad una alimentazione di qualità senza perdere di vista il gusto.
Il nostro viaggio nei menu scolastici, che facciamo insieme ad altri genitori per analizzare i dati del Menu a punti, quando inciampa su questi piatti inusuali innesca inevitabilmente delle riflessioni che portano a galla strategie o furbizie di qualche dietista che ha a cuore il suo mestiere. Abbiamo provato a interpretare quali siano le scelte che rendono un menu su misura, o meglio, un menu a misura di bambino e abbiamo individuato alcune categorie di alimenti che aiutano a capire il valore di un menu. Il pesce, per esempio, è un indicatore significativo del tipo di menu: se si supera il tonno, il bastoncino di pesce, o il semplice merluzzo gratinato, ci si affaccia ad mondo che può riservare piacevoli sorprese, soprattutto quando il pesce è fresco e ci sono le cucine interne per prepararlo. Ecco, allora, che si possono trovare: pasta alle seppie o al ragù di pesce, spiedino di gamberi, coda di rospo, ma anche filetto di sarda, di cefalo, o pesce azzurro. Realtà rare, che ci è dato conoscere nelle Marche, in qualche comune dell’Emilia Romagna e in piccole realtà della Liguria.
Anche intorno alle patate si possono esprimere virtuosismi delle dietiste. Alcune, per esempio, le propongono solo in assenza di un primo, per non alzare troppo l’indice glicemico del pasto, altre invece le adottano come veicolo e le accoppiano ad alimenti con più importanti fattori protettivi, così si possono trovare ‘patate e zucca al forno‘ o ‘patate e cavolfiore al forno’.
Le new entry raccomandate dall’OMS, i cibi integrali rigorosamente bio, sono indice dell’astuzia di chi vuole mascherare o introdurre progressivamente un gusto nuovo e sa già che ci sarà resistenza da parte dei bambini. Ecco quindi che si trova ‘pane tipo 2‘, (Perugia) un buon compromesso se non si vuole arrivare ad un più ostico pane integrale, o riso semi integrale al pomodoro (Fano) o pasta semi integrale (Jesi) fino ad arrivare ad una sapiente pizza o piadina con farina semi-integrale (Rimini) che nessun bambino rifiuterebbe.
Sui legumi, grandi assenti nei menu scolastici, c’è chi snobba i semplici piselli di contorno per esprimersi in piatti più sfiziosi come l’intramontabile pasta e fagioli, o la pasta al sugo di legumi, ma anche pasta al ragù di lenticchie, risotto con zucca e piselli, crema di cannellini, focaccia con crema di ceci, fino al rarissimo puré di fave di Brindisi.
Sui secondi, in generale si va su piatti sicuri e non si sfodera molta fantasia né varietà a parte rare ‘chicche’ come un coniglio arrosto e un simpatico spiedino di pollo e tacchino al forno (Rimini), uno spezzatino di tacchino alle mandorle (Venezia), l’abbacchio con patate al tegame a Roma. C’è anche chi, sempre a Jesi, sfodera un’attenzione speciale ai più piccoli e declina la focaccia con prosciutto crudo alle elementari in una versione al prosciutto cotto per la materna, consapevole del rischio che il prosciutto crudo (raro quanto le fave per i legumi) può rappresentare nell’età dell’infanzia.
Ci sono anche i menu ‘coraggiosi’, come quello di Bolzano che osa oltremisura con le verdure invernali! Si spingono fino alla doppia porzione di verdure al giorno, sia crude che cotte. L’audacia arriva a proporre verdure come cavolfiori gratinati, spinaci saltati, biete all’olio, rape rosse, verze bio brasate e broccoli calabresi all’olio. Varietà mai viste tutte assieme in un unico menu!
Sulle insalate, spesso ripetitive e monotone in tutte le stagioni, c’è poco da dire. C’è però chi cerca di ravvivarle con una interessante insalata noci e olive di Cremona che aggiunge l’astuzia di proporre le verdure crude in pinzimonio come anti-pasto anche più volte a settimana. Una strategia semplice che ne garantisce il consumo.
C’è chi mantiene i piatti della tradizione locale ed ecco dei gustosissimi canederli in brodo (Trento), riso alla pilota (Mantova), cascatella con fornarina (Rimini), spatzle agli spinaci (Bolzano), saltimbocca alla romana (Roma) e chi non vuole perdere la varietà di frutta della stagione e oltre alla solita mela, banana e arancia, sorprende con cachi di stagione, uva e castagne (Rimini).
Sul dessert, che nelle linee guida della ristorazione scolastica non sono previsti, caliamo un velo pietoso e salviamo solo quei dolci che rispondono al ricettario dell’ATS di Mantova che propone solo dolci senza zucchero, con un’attenzione rara verso la salute dei bambini.
La differenza nella proposta dei piatti la fanno le cucine. Ci sono comuni che hanno menu per scuole con cucine in loco e menu per asporto, queste ultime tendono al ‘prêt-à-porter‘ mentre le prime a piatti su misura, con ricette più elaborate. Interessante notare che alcuni comuni che vivono questa disparità, che non possono compensare con una presenza di cucine in tutte le scuole, scelgono di avere tariffe più basse per chi mangia pasti veicolati rispetto a chi ha la fortuna di avere la cucina il loco. Una sorta di ammissione del decadimento della qualità del pasto veicolato, che cotto la mattina e servito a mezzogiorno perde inevitabilmente proprietà nutrizionali e qualità organolettiche. Peccato che la scelta del pasto veicolato e quindi dei centri cucina industriali domina sempre più in Italia e distinque quelle realtà che danno priorità ai costi (meno spese di personale e più utili) piuttosto che alla qualità. Questa potrebbe essere una delle ragioni della ‘fuga dalla mensa’ con il pasto da casa che nei comuni dove si mantengono le cucine interne ed una politica di tariffe contenute è quasi del tutto assente.