‘In questo mondo, in gran parte sotto l’inquietante tutela del politically correct, poteva mancare il politicamente corretto delle pari opportunità da garantire al mitico panino? Probabilmente no… e infatti eccolo qua, capofila della rivendicazione del diritto di partecipazione democratica alle mense scolastiche, all’insegna di un eventuale futuribile nuovo acronimo M.P.F. (mensa, panino, fai come vuoi). Quali possono essere le possibili motivazioni che stanno alla base di richieste familiari relative al poter portare un panino da casa? Pasto di scarsa qualità, poco variato fornito dalla mensa? Un costo troppo alto in rapporto al prodotto offerto? Un esborso divenuto, ultimamente, troppo oneroso per le tasche di molte famiglie? Più motivazioni insieme? Di certo, secondo i dati forniti dall’Istat nel luglio 2016, in Italia si può parlare di povertà assoluta per 4 milioni e 598.000 persone … senza citare i dati di quella relativa e delle aree territoriali a maggiore criticità (la povertà assoluta per un adulto varia a seconda dell’area: 820 euro circa nell’area metropolitana del nord, 735 euro nel piccolo comune settentrionale, 553 euro circa nel piccolo comune del Mezzogiorno). Arrivare a fine mese per molte famiglie, specie se con figli, è diventata un’impresa sempre più ardua; ma chi l’avrebbe detto che l’establishment economico-politico-finanziario, chiuso com’è nella sua arrogante torre d’avorio, si sarebbe trovato ora a dover interloquire con la nobile umiltà del panino? Dino Villani, nel 1948,in occasione del Premio Suzzara, per avvicinare l’arte al popolo coniò lo slogan: “Un vitello per un quadro, non abbassa il quadro: innalza il vitello“. Così come nel quadro “I mangiatori di patate” di Van Gogh è il valore intrinseco della patata interconnesso con il lavoro umano a essere presentato sul piatto della denuncia sociale. E in tal modo non sarà di certo il possibile panino portato da casa (con le opportune applicabilità contestuali) ad abbassare la mensa, tutt’altro…non si lascerà di certo leggere, infatti, come indicatore discriminante della soglia di povertà, ma piuttosto potrà mostrarsi come probabile interfaccia della miseria raggiunta da un certo apparato politico-finanziario che non sa più ascoltare e dialogare con la dimensione sociale, quella che ci dovrebbe tutti accumunare.
E se capitasse che tra gli eventuali panini che potrebbero fare il loro ingresso in mensa se ne presentasse uno farcito con fettine di cipolla, soddisfatto dei suoi pochi cent, allora sarebbe bene che il politically correct, quello che si nutre sovente dell’imbarazzante falso pudore radical chic, evitasse di chiamarlo “il diversamente farcito“. Il pane e la cipolla potrebbero offendersi.’
Questo articolo lo abbiamo trovato su facebook (CaroMensa Torino) ma poco leggibile. Lo abbiamo cercato sulla Gazzetta di Mantova, da cui è stato attinto, e lo riproponiamo perché ci sembra una lettura realistica del nostro presente. Non abbiamo trovato il nome dell’autore e ce ne dispiace.